Nuoto e disabilità: aspetti psicologici (II)
Diego Polani, Isabella Ottavi
(Cattedra di Psicologia dello Sport, Facoltà di Medicina di Firenze, corso di Laurea in Scienze Motorie)
figura 4- Gli stati dell'IO (da Neuroscienze e sport - UTET)
In Analisi Transazionale l'analisi delle transazioni si fa a partire dall' individuazione dei specifici Stati dell'Io impegnati.
Inoltre c'è un ulteriore passaggio che può esprimersi coinvolgendo anche altri stati dell'"Io", ed in questo livello l'atto del comunicare viene solitamente espresso con la CNV attraverso gesti, atteggiamenti del corpo, tono della voce, e rappresenta il reale livello psicologico della comunicazione.
Questi tre livelli, verbale, transferale e psicologico, esistono in tutte le comunicazioni e vengono mostrati tramite la CV e la CNV. E' importante tener presente che un gesto fatto con il capo, magari di diniego, non è necessariamente una metacomunicazione, cioè non è di per sè un messaggio a proposito del messaggio verbale; forse è la risposta che il soggetto effettua ad un dialogo interno che si sta svolgendo parallelamente alla comunicazione. Se, per esempio, l'istruttore dice: "Oggi questo esercizio mi è veramente piaciuto!" e sta dicendo "No" con il capo, quello che succede è che l'allievo riceve un "No" dall'altro e tenta di decodificare, modificandolo, quel "No". Istintivamente ed inconsciamente potrà tradurre il tutto con: "non è vero che gli è piaciuta la mia prestazione" e comincerà a formulare ipotesi su "Perché non è piaciuta la mia prestazione?".
Di fatto quello che può succedere è che a livello di dialogo interno, il tecnico si sta dicendo qualcosa del tipo "Avevo sbagliato il mio giudizio precedente". Quindi quel "No" della testa non è riferito al messaggio verbale effettuato, per cui non è un diniego, ma è un diniego nei confronti dell'elaborazione fatta precedentemente nei confronti dell'atleta.
Il problema a questo punto diventa relazionale. L'atleta, come l'allenatore, non ha alcun modo di sapere, come nessun altro del resto, cosa succede nella mente dell'altro. Però possiamo aiutare le persone con la comunicazione ad imparare a chiedere piuttosto che continuare a perseguire la non-comunicazione con l'ausilio dell'interpretazione.
Osserviamo un altro aspetto emozionale. L'atleta vive i suoi successi, od insuccessi, con intensità emotiva, creandosi inconsciamente, a livello cognitivo, un dialogo interno. E' importante sapere che il dialogo interno che ognuno si costruisce può essere positivo, quindi valutante, o negativo, quindi svalutante. La maniera in cui si parla o si agisce con l'atleta sarà quindi vissuta o costruttivamente o distruttivamente.
Se recuperiamo la parte iniziale di questo scritto non si può fare a meno di valutare la comunicazione in base agli assiomi della PNL (Programmazione Neurolinguistica) che afferma che ogni comportamento (linguaggio, movimento degli occhi, variazione del tipo di respirazione, cambiamento del colorito della pelle, ecc.) è una trasformazione dei processi neurorali interni pertanto esso fornisce informazioni su questi processi. In poche parole non si può non comunicare, ogni comportamento è comunicazione. Si ricava una chiave essenziale per la comprensione del comportamento umano che pur sembrando bizzarro e sconclusionato è il risultato della mappa interna che ognuno in base alle proprie esperienze ed emozioni si è creato. E' dunque importante vedere il comportamento della persona nel contesto in cui esso è generato.
La PNL nasce come un modello adatto allo studio della esperienza soggettiva umana, utile per una comunicazione efficace e per una guida nei processi di cambiamento comportamentale, all'inizio degli anni settanta da una brillante ricerca di R.Bandler e J.Grinder volta a sistematizzare un modello di comunicazione efficace ed eccellente.
La PNL è il prodotto di una geniale sintesi di contributi tratti dalla psicoterapia, dalla cibernetica, dalla neurologia e dalla teoria dei sistemi. È diventata la disciplina che studia oltre che la comunicazione interpersonale, la struttura dell'esperienza soggettiva.
Utilizzando i suoi principi è possibile descrivere qualsiasi comportamento in modo sintetico e al tempo stesso dettagliato e ciò permette di indurre rapidamente trasformazioni profonde e durevoli sia nel singolo individuo che nel interazione tra due o più individui.
Bandler e Grinder hanno chiamato il loro modello Programmazione Neuro Linguistica;
PROGRAMMAZIONE: ogni persona ha i suoi propri "programmi" di funzionamento che sono riconoscibili ed elaborabili;
NEURO: tali "programmi" sono i prodotti di particolari modalità di funzionamento "neurologico";
LINGUISTICA: i "programmi" sono riconoscibili perché rappresentati ed espressi nei "linguaggi" (verbale, para verbale, non verbale) con cui ogni persona si esprime.
L'assunto base della comunicazione è che è impossibile non comunicare poiché ogni comportamento è comunicazione. Di fatto ogni comportamento, essendo il prodotto della elaborazione che avviene attraverso complessi processi neurologici e psicologici è la manifestazione esterna di essi e rappresenta una informazione, un messaggio.
I microcomportamenti (movimenti oculari, cambiamenti di colore della pelle, modificazioni del respiro ecc.) danno importanti informazioni sulla persona e un attento osservatore è in grado di ricevere molte più informazioni di quanto il comunicante stesso pensi di trasmettere.
Queste variazioni nella fisiologia, a differenza di quelle macrocomportamentali (movimenti del corpo, linguaggio) sono al di fuori del controllo volontario del soggetto e quindi difficilmente falsificabili. Un buon comunicatore, a differenza di quanto comunemente si pensa, è colui che è in grado di ricevere il maggior numero di informazioni possibili e non colui che è in grado di darne; maggiori sono le informazioni che si ricevono maggiori sono le possibilità che si hanno per adattare la propria comunicazione in modo da ottenere gli obiettivi prefissati.
La comunicazione, e di conseguenza la relazione tra due o più soggetti, può essere considerata come un "sistema" di feedback all'interno di un sistema cibernetico in cui il feedback ricevuto, in termini macro e micro-comportamentali, influenza la comunicazione successiva.
Per sistema si intende un insieme di elementi vincolati da una relazione tale per cui una variazione in uno dei singoli elementi si ripercuote sull'intero sistema. Per sistema cibernetico si intende un sistema che si autoregola attraverso messaggi retroattivi (feedback).
In un atto comunicativo, E (l'emittente) emette un segnale, (comportamento esterno [C.E.]), che rappresenta un input che viene colto dall'apparato sensoriale (A.S.) di D (il destinatario) e che successivamente viene elaborato generando uno stato interno (S.I.). Quest'ultimo genererà in D un comportamento esternamente rilevabile da E (output per D, input per E). Questa risposta verrà colta dall'apparato sensoriale di E, e costituirà il feed-back che influenza la comunicazione successiva. Una conseguenza di ciò è che qualunque cosa avvenga all'interno di un atto comunicativo è dipendente dal comportamento di entrambi i comunicanti; e ciò implica che dobbiamo assumerci la responsabilità di quello che avviene, e che non possiamo credere che tutto dipenda solo dall'atteggiamento dell'altro.
Purtroppo spesso ci si trova di fronte ad una resistenza apparentemente irrazionale, ma che alla luce di quanto esposto potrebbe diventare oggetto di riflessione. Il corretto atteggiamento di un buon comunicatore in questi casi è quello di porsi la domanda: "cosa posso fare IO perché il mio interlocutore si motivi a seguire le mie istruzioni?"
Come si è più volte sottolineato tutto ciò che noi consideriamo (il nostro universo interno, il nostro modo di vedere la realtà e di interagire con essa) è creato da una elaborazione mentale di ciò che percepiamo attraverso i nostri cinque sensi ed ulteriormente elaborato dalle emozioni che stiamo vivendo in quel momento. Questa elaborazione mentale non è altro che il nostro modo di vedere il mondo, e cioè lo schema-guida dei nostri comportamenti. Il modello del mondo che ci creiamo lo possiamo considerare metaforicamente come una mappa, una carta geografica riferita al territorio che essa rappresenta (il nostro territorio). Quindi come in una mappa non è il territorio quello rappresentato, così il nostro modo di vedere la realtà non è la realtà stessa. Le persone costruiscono la propria mappa del mondo elaborando, attraverso complessi processi neurologici, dati provenienti da contesti ambientali, culturali, familiari, e personali.
L'individuo, letteralmente immerso in un fiume di input sensoriali, ha a disposizione una serie di filtri che gli permettono di acquisire in maniera selettiva dall'ambiente le informazioni utili alla sua sopravvivenza.
Questi filtri sono di tre tipi:
1) Fisiologici, dovuti alle limitazioni geneticamente determinate degli organi di senso che ci permettono di percepire solo una piccola porzione dei fenomeni fisici che ci circondano;
2) Socio-culturali, derivanti dall'appartenenza ad un gruppo etnico, ad una zona geografica, o ad una determinata cultura. Particolare importanza assume in questo caso il linguaggio: tutti i linguaggi sono ricchi di terminologie che permettono una differente capacità discriminativa;
3) Personali, che rendono il modello del mondo di ogni persona squisitamente unico, come unica è la sua storia ed il suo vissuto esperenziale. Il modo di "archiviare" i dati nel proprio cervello, di strutturare la propria esperienza, è decisamente personale, ed influenza il modo di vedere le cose del mondo e di percepire l'impatto l'emotivo delle situazioni esperenziali. Questo significa che noi siamo gli artefici della nostra realtà ed è l'idea che noi ci facciamo del mondo che determina le nostre scelte, il nostro modo di agire nel mondo e sul mondo. Sia che si debba scegliere cosa mangiare a pranzo o che si debba prendere una decisione di grande importanza, ogni nostro atto è determinato dalle nostre convinzioni sulla realtà e su noi stessi in rapporto ad essa. I meccanismi che intervengono nel nostro modo di creare la mappa del mondo possono essere identificati nei tre seguenti:
Generalizzazione
Cancellazione
Deformazione
Se da un lato l'uso di queste modalità ci permette di costruire una mappa di elevata esattezza, dall'altro un loro utilizzo non corretto può risultare così limitante da impoverire enormemente la nostra esperienza del mondo.
Generalizzazione: si parla di processo di generalizzazione quando una specifica esperienza viene estesa fino a diventare rappresentativa di quella categoria di esperienze a cui si riferisce. Questa modalità ci consente di utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione dalle esperienze passate immagazzinate nella nostra memoria, per risolvere problemi simili in situazioni apparentemente uguali.
Ad esempio il bambino reagirà con gioia di fronte ad una gara, dopo che ne avrà effettuate una certa quantità e vivendole come positive per la sua prestazione. Peraltro la generalizzazione può diventare un meccanismo limitante come nel caso dove l'eterna capacità di vincere una gara diventa demotivante e priva di significati emotivi, oppure dove si è vissuta un'esperienza negativa e concludere che quel tipo di esperienza è sempre negativa.
Cancellazione: è il meccanismo attraverso il quale prestiamo attenzione ad alcuni aspetti della nostra esperienza e ne scartiamo altri, potendo così utilmente orientarci nell'enorme quantità di dati che ci provengono dal mondo esterno. Un tipico esempio è quello del nuotatore che tende a non distrarsi udendo urla e rumori, per quanto forti siano, ma che è in grado di reagire, ossia smettere di nuotare e prestare l'opportuna attenzione, anche al più flebile richiamo del proprio allenatore.
Deformazione: questo meccanismo ci permette di trasformare letteralmente la realtà, facendo in modo che si applichino significati alterati alla percezione sensorialmente basata del mondo reale. Famosa è l'esperienza in cui venne fatto osservare ad un gruppo di studenti un mazzo di carte con i segni picche in rosso ed i segni cuori in nero, e nessuno di loro notò alcunché di strano. Altro caso estremo di distorsione può essere considerato quello del paranoico che interpreta tutto ciò che proviene dagli altri come ostile.
In conclusione si può asserire che le stesse facoltà che ci permettono di organizzare la realtà nella maniera per noi più creativa e proficua, possono portarci ad una visione estremamente impoverita del mondo, molte volte causa di infelicità e insuccesso personale.
Le difficoltà che si incontra non si trova nella realtà bensì nella mappa del mondo che ci si è costruiti. Ne deriva che la soluzione dei problemi non sta nel titanico ed inutile tentativo di cambiare la realtà esterna bensì in precise operazioni mentali che ci consentono di riorganizzare l'esperienza che abbiamo del mondo ed accedere a nuove alternative.
Relazione, comunicazione, comportamento e mappa sono dunque collegati!
Per quanto strano ed assurdo possa sembrare, ogni comportamento umano assume un preciso significato quando venga riferito alla mappa da cui deriva. Addirittura possiamo dire, considerando i processi di mappatura della realtà che ciascuno fa, che la scelta, tra quelle che considera in quel dato momento possibili, risulta essere la migliore.
Per la PNL cambiare significa essere "flessibili", cioè poter disporre in ogni contesto di un numero più possibile elevato di alternative.
Come diventare un buon comunicatore?
Come già precedentemente accennato, la PNL ci mette a disposizione risorse che ci permettono di passare da una situazione problematica alla sua risoluzione. Le tecniche utilizzate in PNL e sviluppate nel corso degli anni da numerosi terapeuti le possiamo considerare come vere e proprie risorse.
Sebbene la PNL ci offra tecniche specifiche di intervento, occorre mantenere in primo piano non tanto l'aspetto tecnico, quanto piuttosto il rispetto della peculiarità del soggetto e quindi contestualizzare la tecnica prescelta.
È importantissimo quindi saper rapportarsi alla persona che si ha di fronte al fine di comunicare nel modo più adeguato. Questo è possibile farlo attraverso tre azioni fondamentali: i tre verbi chiave della PNL:
1) OSSERVARE cioè rilevare attentamente gli elementi che ci consentono di comprendere la mappa dei nostri interlocutori al fine di
2) RICALCARE/RISPECCHIARE tanto da creare con essi il necessario feeling che ci consenta di
3) GUIDARE cioè di agire in modo mirato e consapevole sulla situazione per raggiungere gli scopi che ci siamo prefissati (obiettivi).
Gli esseri umani entrano in contatto con la realtà che li circonda attraverso i loro cinque sensi, e tra questi soprattutto grazie ai canali visivo, auditivo e cenestesico. La percezione del reale, momento per momento, è una combinazione di informazioni provenienti dai diversi canali sensoriali.
Quindi non possiamo parlare di realtà ma di personale percezione della realtà che chiameremo rappresentazione mentale della realtà.
Tutti i contenuti mentali sono codificati con modalità sensoriali ed espressi rivelano una struttura sensorialmente basata. Questa è la struttura che interessa colui che adotta la PNL per comunicare. La PNL non si interessa tanto del contenuto del messaggio, quanto piuttosto del processo, con il quale il messaggio è stato costruito. Questo processo è quel elemento che ci può far comprendere le sequenze degli avvenimenti interni di una persona in un determinato momento.
Ogni persona ha la tendenza a privilegiare l'utilizzo di un canale sensoriale rispetto agli altri sia nell'organizzare i dati di elaborazione interna delle sue percezioni sia nel comunicare con gli altri. Solitamente ogni persona usa il canale in cui mostra una capacità discriminativa migliore. Si pensi ad esempio ad un musicista, che privilegerà il canale auditivo, un fotografo invece privilegerà quello visivo, mentre un fisioterapista privilegerà quello cenestesico. I fattori che condizionano la scelta preferenziale sono probabilmente di ordine genetico, certamente di tipo culturale e familiare, ma sicuramente dipendenti dalla storia personale e dalle abitudini che ogni persona ha acquisito.
È importante identificare il canale sensoriale preferito di una persona ed utilizzarlo per comunicare con lei, muovendosi così su un terreno comune. Se due persone non utilizzano lo stesso canale può accadere che in pratica non si comunichi.
Uno degli obiettivi della PNL è quello di aiutare colui che grazie alla comunicazione vuole ampliare lo sviluppo delle proprie abilità sensoriali, che solitamente si utilizzano molto al di sotto degli effettivi limiti fisiologici.
La PNL ci mette a disposizione metodi che ci consentono di andare ad attingere da questo grosso magazzino di informazioni inconsce, che in pratica significa espandere l'acuità sensoriale, discriminare con una maggior ricchezza di dettagli, di precisione, ampliare la propria mappa, e quindi avere più informazioni sulla mappa dell'altro.
I dati possono essere percepiti da comportamenti, verbali o non verbali, particolarmente evidenti, normalmente consci per chi li pone in atto, ma anche da comportamenti meno evidenti, alle volte difficilmente percettibili, come per esempio i movimenti oculari, i cambiamenti di colorazione della pelle, le tensioni muscolari, il respiro, ecc. Questa categoria di comportamenti è, come già affermato, messa in atto inconsapevolmente dalla persona, e proprio per questo particolarmente significative al fine di conoscere le modalità strutturali della mappa interna della persona stessa. Osservare i comportamenti esterni di una persona significa poter accedere a quella specifica esperienza interna che li ha determinati.
La PNL sottolinea l'importanza dell'osservazione durante una comunicazione. Accorgersi di ciò che sta avvenendo nell'interlocutore (calibrare quindi l'altrui comportamento) è condizione indispensabile per superare qualsiasi ostacolo comunicativo. Il concetto di calibrazione è la spiegazione dell'osservazione di quelle piccole variazioni comportamentali che possono essere correlate all'esperienza interna della persona stessa e utilizzate come feed-back per una nostra ulteriore comunicazione.
Uno degli strumenti che possiamo affinare è la capacità di ascoltare quali predicati verbali (verbi, sostantivi, aggettivi, avverbi) vengono utilizzati in un discorso al fine di avere indicazioni sul sistema che tale persona sta utilizzando in quello specifico momento.
Ad esempio una persona che usa un sistema di tipo visivo, può pronunciare frasi come: "È chiaro che...., l'immagine che mi faccio di questo esercizio....., è illuminante sapere che....., ecc.". Una persona che utilizza il sistema cenestesico potrà dire: "Sento che siamo caduti in un problema...., non riesco ad afferrare il concetto di questo esercizio durante l'allenamento...., ecc. Uno che invece usa prevalentemente il sistema auditivo dirà: "Mi sto chiedendo se è il caso...., le tue parole mi suonano strane....., ecc.".
I predicati ci danno indicazioni su "come" la persona sta funzionando a livello neurologico in quel preciso momento ed è importante sapere che gli stessi predicati sono delle modalità espressive che ci danno informazioni su come una persona sta vivendo quella situazione.
L'uso di un determinato canale in quel preciso momento, può essere scelto per "simpatia" (rispecchiamento, inconscio), per esigenze di contenuto, per la preponderanza di particolari stimoli in una certa situazione (ad esempio visivi piuttosto che cenestesici).
Il canale preferito viene definito sistema rappresentazionale principale e conoscerlo significa avere importanti informazioni sulla "mappa" del soggetto al fine di ricalcarne i comportamenti.
Ricalcare significa utilizzare tutte le informazioni che abbiamo raccolto per "parlare la lingua" della persona con cui vogliamo entrare in rapport. Il ricalco può avvenire a diversi livelli: a livello dei valori della persona, delle convinzioni, o semplicemente del comportamento, ed in questo caso si parla di rispecchiamento. Il rispecchiamento si può attuare a livello verbale, utilizzando il sistema rappresentazionale principale della persona, e le sue micrometafore; a livello paraverbale rispecchiando tono, volume, ritmo dell'eloquio; a livello non verbale cioè posturale, e in questo caso può essere indifferentemente diretto o speculare.
Un tipo di rispecchiamento molto potente e difficilmente individuabile è quello del respiro; meglio ancora se viene attuato in modo incrociato e cioè ad esempio rispecchiando il ritmo respiratorio con un movimento di un dito o di una mano. Ovviamente il rispecchiamento non deve essere evidente; esso risulta più elegante quando non è individuabile e perciò assume aspetti di maggiore efficacia se eseguito in tale modo riprendendo solo alcuni comportamenti.
Una volta entrati in rapport si può smettere di ricalcare o farlo di tanto in tanto e cominciare a guidare la persona prima a ricalcarci per poi raggiungere l'obiettivo che ci siamo prefissati.
Tutto quello che abbiamo spiegato fino ad ora, ci rende l'idea di come un individuo strutturi la propria esperienza soggettiva. E' attraverso quest'ultima che genera i propri comportamenti, per non dimenticare che l'esperienza soggettiva sta alla base anche delle nostre emozioni, capacità, convinzioni, valori, identità.
Basti ricordare, comunque, che uno dei grandi segreti della comunicazione sta nel porsi di fronte ad un altro individuo con la predisposizione di animo di voler imparare, cosa che, ad esclusione del periodo infantile, può risultare stranamente difficile!
Considerando quanto detto sino ad ora possiamo evidenziare la comunicazione come un qualcosa che interviene fortemente sia sugli aspetti emozionali che sulla realtà dell'individuo. L'atleta, come chiunque, vive i suoi successi, od insuccessi, con intensità emotiva, creandosi inconsciamente un dialogo interno che strutturerà la sua mappa del mondo. È importante ricordare quanto già affermato in precedenza: il dialogo interno che ognuno si costruisce può essere positivo, quindi valutante, o negativo quindi svalutante.
Sarebbe opportuno che l'allenatore cercasse di migliorare, anche attraverso i diversi spunti esposti, il proprio sistema comunicativo al fine di migliorare le sue abilità di relazione sociale e conseguentemente la sua professionalità. L'allenatore che si pone nella condizione di ascoltare acquisisce una serie di importanti informazioni e segnali utili ad una più corretta comprensione dei sentimenti delle motivazioni e delle aspirazioni dell'atleta stesso.
Queste acquisizioni gli permetteranno di incrementare il grado di consapevolezza e di conseguenza di migliorare la trasmissione e ricezione dei messaggi indispensabili nello svolgimento della sua attività.
In definitiva si può affermare con estrema facilità che la comunicazione è probabilmente uno dei fattori principali che possono decretare la riuscita di un lavoro basato sull'insegnamento e sulla relazione. Non esiste comunicazione corretta o sbagliata, quindi si può affermare con forza che il buon allenatore è il solo responsabile (al 100%) dei risultati che ottiene (o che non ottiene)!!!
LA FAMIGLIA DEL DISABILE
La nascita di un figlio, all'interno di una famiglia, comporta sempre un cambiamento e quindi un certo grado di stress per riuscire a fronteggiare le esigenze familiari e quelle del nuovo nato; Solitamente la gioia e la gratificazione legate alla cura ed alla crescita del figlio compensano i disagi, ma quando nasce un bambino handicappato l'impatto sulla famiglia è altamente destrutturante. Si viene a creare una situazione di perdita, sogni e progetti nei confronti di un bambino sano con un processo di sviluppo, normale, e la conseguente necessità di elaborare il lutto.
"Il lutto è la perdita di una presenza perfetta: la presenza di un figlio handicappato è l'acquisizione di una presenza menomata" (Dell'Aglio 1994) L'elaborazione del lutto avviene attraverso varie fasi: dallo shock e dal dolore iniziali, si genererebbero sensi di colpa e rabbia, che col passare del tempo si trasformeranno in accettazione del problema e nell'elaborazione di un progetto di intervento.
Non sempre per l'adattamento riesce e la colpevolizzazione può amplificare i conflitti preesistenti fra i coniugi, può diventare negazione del problema con gravi conseguenze sullo sviluppo fisico e psichico del bambino, oppure evidenziare un atteggiamento di rifiuto che si traduce nel correre da uno specialista all'altro per cercare la soluzione definitiva al problema o, all'opposto, generare un atteggiamento iperprotettivo nei confronti del bambino, impedendogli di crescere e rinforzandolo a rifugiarsi nell'handicap, handicap che verrà poi usato come modalità ricattatoria per ottenere potere sull'ambiente (vantaggio secondario della malattia).
Il raggiungimento di un equilibrio soddisfacente sarà inevitabilmente collegato alla possibilità di creare una rete di supporto intrafamiliare (collaborazioni di genitori, nonni, zii, parenti) e di ricevere un adeguato supporto sociale da parte di professionisti con competenze diversificate (medici, psicologi, tecnici della riabilitazione, istruttori di attività motoria).
La famiglia è quindi un anello fondamentale del processo riabilitativo ed educativo del disabile, pertanto anche il tecnico sportivo o l'istruttore di attività motoria dovrà rapportarsi non solo al bambino, ma anche alla famiglia, quindi, pur senza diventare uno psicologo dovrà:
prestare attenzione sia alle domande della famiglia che alle richieste specifiche del bambino e alle necessità dell'handicap
coinvolgere il più possibile la famiglia nelle decisioni che riguardano il piano di trattamento del bambino, sottolineando la diversità dei ruoli.
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